" Storie immortale da Cansano "
Anni fa, quando I carbonari romani, da varie parte del’Lazio, venivono alle montagne di Cansano a comprare la legna per cuocerla e fare la carbonella,allora portavano con loro mule, cavalli e carretti per trasportare la legna e finalmente la carbonella.
Una mattina, presto, una delle loro mule con una lunga fune, salto’ il recinto e scappo’ verso una via mulattiere nel bosco di Cansano. Avveni’ che un bravo uomo cansanese di grossa statura,un uomo robusto, dentate fortissimo, il quale pochi anni prima, per un litro di vino, aeva vinto una scommessa a battere un mulo a mangiare fave secche,di nome Costanzo Di Paolo era a capo di una famiglia soprannominati “Scialone”, lui con due mule andava in montagna per portare a case la legna che lui aveva comprato per il suo focolaio. Ed andava , nella stessa via, a cavallo su una delle sue mule, ad un tratto vide questa mula con una funa che galoppava verso lui, lui subito smonto’, fermo’ la mula e con un coltello, taglio’ la funa, l’ha arrotolo’ e se la butto’ sopra una spalla. Dopo pochi minuti , nella stessa via si incontro’ con questo carbonaro romano che andava in cerco della sua mula e funa, il romano appena vide Costanzo domando’ “ Sor buon uomo, avessi visto una mula scappando con una funa?”. Costanzo rispose, indicando con la mano la funa sulla sua spalla,: “ Signore, la funa, fosse questa qui”? Il romano gli disse, “:No’ non credo “, Costanzo continuo’: “Sei sicuro che non e’ questa qui?”. Ed il romano. ancora una volta rispose: ”Si’, .non e’.”.Allora. Constanzo, nel suo dialetto .cansanese, gli disse: “Beh, allora che pozza ave’ na funa n’ganne chi la perse j chi la va truvanne, j da la fenestre de gliu male ladrone, ci pozzene m’pecca’ gliu padrone, j tante pozza ardere, accome ardene sse tuzzune?.” Il romano non essendo famigliare con il dialetto cansanese gli disse: “Sor buon’uomo, e’ soltanto una funa, non ci fa bisogno di tutte quesse bestemmie?”. E Costanzo rispose,:”Beh, figlio mio io sono una persona giusta , una persona assai onesta..
Salvatore Di Camillo
Verso la fine de secolo 1800 ed al principio de secolo 1900, tanti e tanti Cansanesi, forse centinai di loro , a causa che in quei tempi in Abuuzzo c’era una miseria terribile, allora per facilitare ed aiutare le loro famiglie decisero di emigrare in vari paesi nel mondo,. pero’ la maggior parte, negli Stati Uniti di America. E cosi’ un bravissimo giovanotto Cansanese, chiamato Giuseppe, pero’ meglio conosciuto come Zi Peppe avendo ascoltato tanti ex-emigranti, e credendo le loro storie che, qui’, in America si trovava il denaro per le vie.
Un giorno lascio’ il suo lavoro come taglialegna e la sua famiglia e decise di congiungersi con un gruppo di giovani ad emigrare negli Stati Uniti. E cosi’, dopo tante necessarie documentazioni e visite di fisiche, finalmente ricevo’ il Vista e fu’ eleggibile ad imbarcare per gli Stati Uniti.
Dopo circa 18 giorni su un vecchio piroscofo da passengeri, e su un oceano non tanto calmo, finalmente arrivo’ al porto di New York dove furono sbarcati e condurri da una parte e l’altra nella famosa Ellis Island, dopo finalmente approvati cercarono di trovare un lavoro, ma New York era pieno di disoccupati e il denaro per le vie, ad un tratto, aveva copletamente sparito , perche’ dal principio era una favola inventata da gli ex-emigranti. E dopo alcune informazione da compaesani residenti di New York, furono informati che nello stato del Colorado c’era abbastante lavoro.
E cosi’ Zi Peppe ed alcuni altri decisero di venire al Colorado
Una volta arrivati nel Colorado, trovarono che il lavoro era sufficiente, pero’era di lavorare sotto le miniere di carbone, e di piu’ era di lavorare circa un chilometro e di piu’ sotto terra, dal buio del mattino fino al buio della sera, sei giorni la settimana e per soltanto un dollare al giorno, L’unica volta che vedessero il chiaro del sole era la Domenica. Zi Peppe, per una decina di anni abbozzo’, ma poi stanco di lavorare in posti forzato e pericolosi, con gente straniere, una lingua strana quasi per lui incompressibile e sotto la sorveglianza di quasi sempre insoddisfatti, soprintendenti di razza gallese.
Un giorno, avendo accumulato un po’ di moneta in un banco, decido’ di chiamare sosta, disse da per se:“Che cosa sto’a fare a qui’con questa vita pericolosa e tra gente stranieri, quando io posso ritornare a Cansano a godere quell’ aria fina e pura, a fare un tre-sette, una scopa ed a giocare le bocci con I miei vecchi copagni e di piu’a riassaggiare quei deliziosi bicchiere di vino buono e spumante.”
E cosi’ con questi pensieri in testa, un giorno dopo alcune preparazione, si compro’ un biglietto di ritorno e di nuovo s’imbarco’,ma questa volta per ritornare alla sua famiglia e compaesani nel suo paese di nascita, cioe’ Cansano.
Zi Peppe, per tanti mesi si diverti’ con i suoi famigliari ed i suoi copagni e visito’quasi tutte le cantine del paese, pero’ essendo un amante del’ lavoro, dopo un certo tempo si comincio’ a sentirsi un po’ irrequieto.
Avveni’ che in quei pempi, ogni anno l’autorita’ del paese mettevo a vendere all’asta una porzione delle foreste cansanese per una specie di disbosco, cioe’ buttare giu’ ogni altro albero di faggio e pulire la foresta dei cespugli.
I tronchi degli alberi di faggio, venivono ridotti a pezzi di un metro di lunghezza e poi venivono accatastati in un metro di altezza e di lunghezza, cosi’ a vendere ai cittadini di Cansano per uso domestico, ed anche ai carbonari romani per la loro produzione della carbonella..
Zi Peppe da giovane, essendo un taglialegna di esperienza, organizzo’ un gruppo di giovani sotto il suo camando ed entro’ all’asta del commune con una offerta ragionevole. Poi essendo il piu basso,vince il contratto.
Avveni’ che questa foresta era siituata qualche due-tre chiilometi attravesro,all’oveste dell’ appennino la Majella. In quei tempi quasi nessuno avevo l’orologio, perche tutti I lavoranti fuori del paese dipendevono dal suono delle campane della Chiesa Madre, che suonavono l’orario ogni quarto d’ora ed anche nel passaggio dei treni che in quei tempi percorrevoni ad orario. E per I cittadini in paese c’era un grande orologio montato sopra la facciata del municipio ed un’ altro a quella della Chiesa Madre. Quindi, soltanto qualche persona d’importanza possedevo un orologio. Pero’ Zi Peppe, mentre in America, avevo acquistato un bellisimo orologio da tasca di tipo ferroviario, e lo portavo nella piccola tasca davanti I pantaloni, legato al suo centurino da una cordicina, ben fatta, di cuoio.
Avveni’che, mentre nel taglio, era una giornata piovana e nuvolosa ed I treni che passavono tra ponti e gallerie sulla basa della Majella non si vedevono ne’si udivono, neanche le campane del paese,. Era quasi la meta’ della giornata e giovani taglialegna, avendo digestiti la polenta del mattino, uno dopo l’altro, cominciarono a domandare per l’orario, gridando in dialetto Cansanese:” Ze pe’ che ora e’?” e tale continuo’ quasi per una quindicina di minuti, ed ogni volta Zi Peppe tirava l’orologio fuore dalla tasca e rispondeva:” Ragazzi, e’ l’una”.Finalmente dopo una decina di volte, Zi Peppe un po’ spazienziato, comando’”Ragazzi, pronti, buttati l’accette e venite a qui’?”,i giovani credendo che Zi Peppe tirasse fuore il fiaschetto di vino da sotto il cespuglio per dare a loro un sorsetto, subito corsero verso lui, ma appena arrivati ebbero una sorpresa, Zi Peppe gli disse: ”Ragazzi, vi voglio spiegare una cosa, che quando e’ l’una, e’ l’una per tutti, per me, per voi, per sua Maesta’ e per il Duce,’ mi comprendeti?.Porco della miseria!. Ed d’allora con quella famose frasa, “Quando e l’una e’ l’una per tutti” Zi Peppe divenne una leggenda tra cittadini di Canasno, che per anni e anni “Quando e’ l’una e l’una per tutti” fu riipetuta da maschi e femmine, vecchi e giovani come un passatempo.
Poi un giorno nello stesso tempo e nello stesso lavore, Zi Peppe mentre buttava giu’ un’albero, ad un tratto si senti’ di andare di corpo, subito lui butto’ l,acetta e si allontano’ qualche 200 metri dal posto del’lavore, in cerca di uno spazio tra cespugli, per fare suo servizio, e per fortuna trovo’ uno posto di circa nove metri quadrato, pieno di foglie asciutte, allora col suo calcagno comincio’a mouvere le foglie a fare un piccolo fosso, e finalmente trovo’ un piccolo spazio che era abbastante morbito, e cosi’col suo calcagno fece un fosse. Comunque dopo aver fatto il suo servizio, si ricalzo’e comincio’ a camminare verso il posto del lavoro, appena arrivato, uno dei lavoranti gli chiese l’orario, Zi Peppe cerco’ di tirare l’orologio fuore dalla tasca ma non c’era piu’ la’ dentro, ed esclamo’ “Perbacco, ho perso l’ orologio?. E subito ritorno’ al posto dove lui aveva fatto il suo servizio, pero’ avendo rovesciato tantisseme foglie non era sicure dove aveva coperto il fosso, e nel silenzio della foresta sentiva un sottile tic, tac, ma mentre alzato in piedi non era capace a localizzare esattamente dov’era lorologio, cosi’fu costretto ad inginocchiarsi, e con mani e piedi ,di nuovo, comincio’ a rovescare le foglie asciutte e nello stesso tempo bestemmiava, “ Porco della miseria, e’ possible che si sente e non si vede.” Finalmente, dopo avere rovesciato circa nove metri quadrati di foglie asciutte e sporcandosi le mani col suo scarico, finalmente trovo’il suo orologio, e nel suo ritorno mentre stava lavandosi le mai con un po’ d’acque e sapone, uno dei giovani lavoranti domando’:” Zi Pe’ che cosa t’e successo?. E zi Peppe rispose: “ Figlio mio, fammi un favore lasciami che mi lavo. Quel porco della miseia. avevo perso questo diavolo d’orologio tra le foglie. Tu credi che lo potevo travare?. Chi sa’ quante volte ho bestemmiato, guarda quel porco del diavolo, “Si sente e non si vede”, era come una specie di cicale al principio dell’Autunno, quando le senti cantare da per tutto e non sei capace a vedere una,”.E cosi,’ Zi Peppe, con quest’altra frasa “si sente e non si vede”, divento’ ancora piu famoso tra i cittadini di Cansano, credendo che Zi Peppe con quelle due frasi, “Quando e’ l,una e l’una per tutti e Si sente e non sivede, gia’ aveva sorpassato il famoso scenziato Italiano, Galileo Galilei, il quale disse: “ E pur si muove”?..
Salvatore Di Camillo |